mercoledì 14 gennaio 2015

Spending Review & Evolutionary Biodiversity


Ahhh, la spending review!






Confessatemi pure miei  cari e incalliti birdwatchers,

vi eravate emozionati pochi mesi fa a sfogliare tutte quelle belle paginette sul nuovo albero filogenetico di piccioni, tucani e paperette, vero?


  

Magari vi era scesa anche qualche lacrimuccia pochi giorni fa nell’apprendere che finalmente ci hanno dato dentro 209 e 231, per i più poetici “Shadow” e “Wild 1” (potete chiamarli anche Romeo e Giulietta o Orfeo ed Euridice ma rimangono pur sempre degli amabili mangia-carcasse… ehmmm… Condor della California), che neanche fosse lo sbarco degli alieni, il terremoto BIG ONE californiano e la fine della crisi italiana…ma è pur sempre un +1 sul totale dei condor della California






O chissà quanti “like” di solidarietà ha totalizzato ‘sto Moonbird, primo volatile ufficialmente minacciato diestinzione nelle sue improbabili, avventurose ed estreme migrazioni dai cambiamenti climatici (tanto rispetto: questo qua fa più km nella vita avanti e indré di quanti ce ne separano dalla luna, altro che l’Astolfo sulla luna…)






Ora la notizia “hot” è questa invece: la scure della spending review si potrebbe abbattere sui futuri sforzi globali di conservazione dell’avifauna.

Perché infatti, nello scegliere tra le varie specie di uccelli, dovrei spendere 2485 sterline per conservare un singolo anno evoluzionistico di una se posso spendere 1 sterlina per conservarne 26 di anni di un’ altra? si chiede il Dr James Rosindell, del Department of Life Sciences @ Imperial College di Londra, con il beneplacito di quelli della Zoological Society of London.
Piano, piano, smettetela di leggere e rileggere la domanda, che appare criptica, oscura e sibillina. Spieghiamo meglio.

Primo fatto: di soldi per i vari programmi di conservazione dell’avifauna ce ne sono pochi.
Secondo fatto: magari sono anche spesi male. Magari si investe tanto nella conservazione di specie simbolo che richiedono enormi sforzi economici, quando magari specie meno appariscenti farebbero faville con pochi spiccioli…
Terzo fatto: proviamo a catalogare le varie specie di uccelli in termini di rischio di estinzione e di unicità filogenetica, ovvero sia quanto risultino minacciate, sia quanto eccezionali ed evoluzionisticamente distanti rispetto alle altre. Le più fighe, le più dandy, risulterebbero quindi quelle ad un passo dalla tomba e testimoni delle bizzarrie dell’evoluzione, rami secchi con pochi parenti a consolarli. Dei poeti maledetti insomma.
Quarto fatto: per ogni specie così incasellata proviamo a calcolare il numero di anni evoluzionistici, della loro storia evoluzionistica cioè, che nei prossimi 50 anni potrebbero essere salvaguardati conservando la specie in questione.
Quinto fatto: ora parliamo di soldi, e per ogni specie calcoliamo lo sforzo economico per farla passare da una categoria IUCN (Red List) alla superiore nei prossimi 10 anni. Tipo i rating di Moody’s e Standard & Poor’s: da BBB+ a A- o da AA a AA+.

Misceliamo il tutto e aspettiamo.
Aspettiamo di vedere cosa vale la pena conservare con i pochi spiccioli che abbiamo, come massimizzare la resa. Come aumentare quei 85.9 milioni di anni evoluzionistici attualmente tutelati su un potenziale di 340 milioni.

Risultato?
L’uccello con il rapporto costi/benefici più favorevole sarebbe l’insignificante Botha's Lark (Spizocorys fringillaris), piccolo uccello sudafricano che si accontenterebbe veramente di due lire per vivere, e che attualmente nessuno considera.







 Al secondo posto il tooth-billed pigeon (Didunculus strigirostris) delle Isole Samoa, abbastanza dandy sfigato da essere preso in considerazione e peraltro poco esigente in fatto di quattrini…




 
Volevate conservare la biodiversità?
Eccovi serviti…


Source:

Laura A. Nunes, Samuel T. Turvey, James Rosindell. The Price of Conserving Avian PhylogeneticDiversity: A Global Prioritisation Approach. Philosophical Transactions of the Royal Society B, January 2015