Ahhh, la
spending review!
Confessatemi pure miei
cari e incalliti birdwatchers,
Magari vi era scesa anche qualche lacrimuccia pochi giorni fa nell’apprendere che finalmente ci hanno dato dentro 209 e 231, per i più poetici “Shadow” e “Wild 1” (potete chiamarli anche Romeo e Giulietta o Orfeo ed Euridice ma rimangono pur sempre degli amabili mangia-carcasse… ehmmm… Condor della California), che neanche fosse lo sbarco degli alieni, il terremoto BIG ONE californiano e la fine della crisi italiana…ma è pur sempre un +1 sul totale dei condor della California.
O chissà quanti “like” di solidarietà ha totalizzato ‘sto Moonbird, primo volatile ufficialmente minacciato diestinzione nelle sue improbabili, avventurose ed estreme migrazioni dai cambiamenti climatici (tanto rispetto: questo qua fa più km nella vita avanti e indré di quanti ce ne separano dalla luna, altro che l’Astolfo sulla luna…)
Ora la notizia “hot” è questa invece: la scure della spending review si potrebbe abbattere sui futuri sforzi globali di conservazione dell’avifauna.
Perché infatti, nello scegliere tra le varie specie di
uccelli, dovrei spendere 2485 sterline per conservare un singolo anno
evoluzionistico di una se posso spendere 1 sterlina per conservarne 26
di anni di un’ altra? si chiede il Dr
James Rosindell, del Department of Life Sciences @ Imperial College di Londra,
con il beneplacito di quelli della Zoological Society of London.
Piano, piano, smettetela di leggere e rileggere la domanda,
che appare criptica, oscura e sibillina. Spieghiamo meglio.
Primo fatto: di soldi per i vari programmi di
conservazione dell’avifauna ce ne sono pochi.
Secondo fatto: magari sono anche spesi male. Magari
si investe tanto nella conservazione di specie simbolo che richiedono enormi
sforzi economici, quando magari specie meno appariscenti farebbero faville con
pochi spiccioli…
Terzo fatto: proviamo a catalogare le varie specie di
uccelli in termini di rischio di estinzione e di unicità filogenetica, ovvero
sia quanto risultino minacciate, sia quanto eccezionali ed evoluzionisticamente
distanti rispetto alle altre. Le più fighe, le più dandy, risulterebbero quindi
quelle ad un passo dalla tomba e testimoni delle bizzarrie dell’evoluzione,
rami secchi con pochi parenti a consolarli. Dei poeti maledetti insomma.
Quarto fatto: per ogni specie così incasellata
proviamo a calcolare il numero di anni evoluzionistici, della loro
storia evoluzionistica cioè, che nei prossimi 50 anni potrebbero essere
salvaguardati conservando la specie in questione.
Quinto fatto: ora parliamo di soldi, e per ogni
specie calcoliamo lo sforzo economico per farla passare da una categoria IUCN
(Red List) alla superiore nei prossimi 10 anni. Tipo i rating di Moody’s e
Standard & Poor’s: da BBB+ a A- o da AA a AA+.
Misceliamo il tutto e aspettiamo.
Aspettiamo di vedere cosa vale la pena conservare con i
pochi spiccioli che abbiamo, come massimizzare la resa. Come aumentare quei 85.9
milioni di anni evoluzionistici attualmente tutelati su un potenziale di
340 milioni.
Risultato?
L’uccello con il rapporto costi/benefici più favorevole
sarebbe l’insignificante Botha's Lark (Spizocorys
fringillaris), piccolo uccello sudafricano che si accontenterebbe veramente
di due lire per vivere, e che attualmente nessuno considera.
Al secondo posto il tooth-billed pigeon (Didunculus strigirostris) delle Isole Samoa, abbastanza dandy sfigato da essere preso in considerazione e peraltro poco esigente in fatto di quattrini…
Volevate conservare
la biodiversità?
Eccovi serviti…
Source:
Laura A.NunesSamuel T.TurveyJamesRosindell. The Price of Conserving Avian PhylogeneticDiversity: A Global Prioritisation Approach. Philosophical Transactions of the Royal
Society B, January 2015