lunedì 17 novembre 2014

La Domanda dalla Risposta impossibile


Perché mai si dovrebbe scrivere nello stesso post di lupi grigi dello Yellowstone, di un’improvvisa voglia di carne da parte dell’ Homo erectus e dell’estinzione di 6 miliardi di esseri umani entro il 2100?

No, fermi! Non incominciate a immaginare lupi che sbranano miliardi di persone od ominidi del primo Pleistocene che cucinano lupi alla griglia.



Immaginate meglio. Siate creativi.


La prima immagine che si materializza è quella di un branco di lupi grigi nelle foreste montane di Yellowstone, Wyoming. E di cervi. E di pioppi e salici.


 
Da circa quindici anni si sta dibattendo sul fatto che lupi, cervi e alberi siano strettamente collegati in quella che tecnicamente viene definita Trophic cascade, un matrimonio alimentare “finchè morte non vi separi”.

Elimino i lupi (come accaduto dal 1880 al 1920)? I cervi sguazzano, le piantine di Populus tremuloides, Populus trichocarpa, Populus angustifolia Salix boothii e Salix geyeriana un po’ meno.

Reintroduco i lupi (come avvenuto dal 1995/1996)? I cervi eviteranno le aree con più alta densità di lupi a beneficio del reclutamento delle piantine.



È un sistema top-down: il predatore che sta in cima alla torre d’avorio è il demiurgo della situazione, “decide”, la densità delle sue prede, il loro comportamento, con ricadute demografiche sul livello alimentare inferiore.

Bello e semplice, come da manuale. Ci hanno persino fatto un articolo del National Geographic qualche tempo fa:



Ma non del tutto vero.

O meglio: non basta a descrivere i fenomeni ecologici osservati. Ad esempio c’è chi dice che:



“Predators can be important, but they aren’t a panacea.”



Che sono favole che ci raccontiamo per semplificare il tutto, che non bastano.



“Everyone likes to think of the big wolf or the big bear looking after the environment,[…] we do love a good story.”



Occorre invece anche rispolverare i vecchi processi ecologici di bottom-up. Ovvero di regolazione della catena dal basso, partire dai fattori abiotici quali la composizione chimica del suolo, le risorse del terreno, il clima, lo stravolgimento dell’habitat, che influenzano la biomassa vegetale che a sua volta regolerà le dinamiche dei consumatori primari e su fino ai predatori. Che quindi risultano un po’ più passivi, attori di secondo piano che non hanno il potere di modellare i sistemi ecologici. Che la sfida per gli ecologi è quindi di integrare le due visioni se si vuole fare luce sulla questione.


Mettiamo da parte per un momento i nostri lupi, la seconda immagine ci catapulta nel primo Pleistocene, circa 1,5 milioni di anni fa.
Africa orientale. Serengeti per esempio. Chi è venuto con noi in viaggio sa di quale meraviglia si sta parlando. Un luogo primordiale, incontaminato, con una fauna in larga parte rimasta immutata nel tempo…


 
Come no. Sbinocolando avete avvistato tigri dai denti a sciabola? Iene enormi dalle zampe lunghissime? Enormi orsi-cane? Tassi grandi quanto un leopardo?

Il fatto è che i siti fossili dell’Africa Orientale ci svelano un caravanserraglio di carnivori alieni ai nostri occhi che si sono succeduti nel tempo che va dai 7,5 a 1,5 milioni di anni fa, un avvicendarsi di comunità diverse nella composizione ma costanti nel mantenimento dei tratti tipici dei carnivori.

E poi tra 2 e 1,5 milioni di anni fa PUFF! Interi gruppi funzionali che scompaiono, tassi di estinzione sempre più veloci, comparsa degli attuali leoni, leopardi e compagnia bella…

Cosa è successo?

Un’ipotesi che sta emergendo riguarda noi, o meglio quel bruto dell’ Homo erectus. Emerge circa 1,5 milioni di anni fa e stravolge tutto. Cosa gli viene in mente a questo qua? Si fa un cervello più grande, incomincia a costruire utensili, coopera, si arma e…cambia dieta. Non solo radici, bacche e piantine, ma anche carne, carne, carne. E poco importa se c’è di mezzo una sabertooth. Fatto sta che la competizione con i carnivori potrebbe essere diventata pressante, e l’alzati Lazzaro l’avrebbe spuntata. Con ricadute drammatiche sull’intero sistema ecologico sottostante. Effetto Top-down, una bella cascata trofica ad arte.



E infine arriviamo alla terza immagine.

Ciò che i lupi di Yellowstone hanno abbozzato e l’ Homo erectus ha intrapreso, l’ Homo sapiens ha perfezionato.

Una perfetta cascata trofica dall’alto al basso, un ruolo da burattinaio che nessun supercarnivoro ha mai esercitato sugli ecosistemi.





A quanto pare siamo tanti e affamati.

La bella notizia è che, estrapolando la legge di Moore, in un qualche futuro la tecnologia ci potrebbe aiutare a produrre meglio, consumare meno, salvaguardare di più.
La cattiva notizia è questa:

 
Fig. 4. Regional variation and impacts. Human population projections under the BAU levels of population growth (2013 matrix; Scenario 1) for 14 subregions

(R1–R14; see below for country composition). Regional shading indicates relative mean population density projected for 2100: white shading = 0 persons km2 to

darker shading = 656.6 persons km2). Values next to each region line (legends) indicate the ratio of the projected 2100 population (N2100) to the 2013 start

population (N2013). Red hatched overlay indicates position of global Biodiversity Hotspots
(From: Bradshow C.J.A. & Brook B.W. 2014 “Human population reduction is not a quick fix for environmental problems.” PNAS)


 
Guardate un po’ questo articolo pubblicato recentemente su PNAS.

La simulazione di possibili eventi e la loro conseguenza sulla curva demografica umana ci dice che  per diminuire la popolazione mondiale ad un livello accettabile nel 2100 (diciamo fino a 4-5 miliardi) non basterebbero politiche di contenimento della natalità su scala globale (se non l’impossibile proposta di un figlio per coppia con tassi di mortalità non ridotti), eventi di mortalità di massa della durata di 5 anni iniziati nel 2056 con un numero di morti pari alla somma di quelli delle due guerre mondiali e dell'influenza spagnola, apocalissi da 2 miliardi di morti, mortalità infantili su larga scala dovute a cambiamenti climatici…



Solo la linea 9 (a meno che non si attui la già citata politica del figlio unico su scala globale, come no) potrebbe essere sufficiente per tarare la popolazione mondiale a 4-5 miliardi nel 2100.

Di cosa si tratta? Nulla di cui spaventarsi, una pandemia o una guerra iniziata nel 2041 della durata di 5 anni. Con 6 miliardi di morti.



   
I più misantropi penserebbero che “No Bruce, non dovevi proprio salire su quell’asteroide…”

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